e la Mia Ansia è (Quasi) Sparita
Viviamo in un ronzio costante. Un sottofondo fatto di notifiche, scadenze e aspettative. L’ansia, per molti di noi, non è più un’intrusa occasionale, ma una compagna di viaggio sgradita e fin troppo familiare. Ci sussurra all’orecchio che non stiamo facendo abbastanza, che siamo in ritardo, che il peggio sta per accadere.
Ho provato di tutto: la meditazione, lo yoga, le tisane rilassanti. E tutto aiuta, certo. Ma la vera svolta, quel click che ha abbassato il volume del mio rumore interiore, è arrivato da una fonte inaspettata: il mio vocabolario.
Le parole che usiamo non sono semplici etichette. Sono incantesimi. Plasmano la nostra percezione, costruiscono la nostra realtà e, troppo spesso, alimentano i nostri stati d’ansia. Ho scoperto che, eliminando consapevolmente tre specifiche parole dal mio dialogo interiore (e, di conseguenza, da quello esteriore), il mio stato mentale è cambiato radicalmente. Non è magia, è neuro-linguistica applicata alla vita di tutti i giorni. Ecco le tre parole che ho messo alla porta e perché hanno fatto una differenza così profonda.

La Tirannia del “Devo”
- “Devo andare in palestra.”
- “Devo finire questo progetto.”
- “Devo chiamare mia madre.”
- “Devo essere più produttivo, più magro, più socievole.”
“Devo” è la parola della pressione. Implica un’obbligazione imposta dall’esterno, un peso che ci viene messo sulle spalle. Ogni “devo” è un piccolo mattone nel muro del risentimento e dello stress. Trasforma attività potenzialmente piacevoli o necessarie in compiti ingrati, privandoci del nostro potere di scelta.
La Sostituzione: “Scelgo di” / “Voglio”
Prova a riformulare quelle stesse frasi:
- “Scelgo di andare in palestra perché mi fa sentire energico.”
- “Voglio finire questo progetto per provare un senso di realizzazione.”
- “Scelgo di chiamare mia madre perché tengo a lei.”
La senti la differenza? È un cambio di prospettiva sismico. L’azione è la stessa, ma l’energia è completamente diversa. Passi da una posizione di vittima delle circostanze a una di protagonista delle tue giornate. Non sei più costretto, stai scegliendo. Esercitare la propria volontà, anche nelle piccole cose, è l’antidoto più potente al senso di impotenza che l’ansia adora.

. La Tirannia del “Devo”
- “Devo andare in palestra.”
- “Devo finire questo progetto.”
- “Devo chiamare mia madre.”
- “Devo essere più produttivo, più magro, più socievole.”
“Devo” è la parola della pressione. Implica un’obbligazione imposta dall’esterno, un peso che ci viene messo sulle spalle. Ogni “devo” è un piccolo mattone nel muro del risentimento e dello stress. Trasforma attività potenzialmente piacevoli o necessarie in compiti ingrati, privandoci del nostro potere di scelta.
La Sostituzione: “Scelgo di” / “Voglio”
Prova a riformulare quelle stesse frasi:
- “Scelgo di andare in palestra perché mi fa sentire energico.”
- “Voglio finire questo progetto per provare un senso di realizzazione.”
- “Scelgo di chiamare mia madre perché tengo a lei.”
La senti la differenza? È un cambio di prospettiva sismico. L’azione è la stessa, ma l’energia è completamente diversa. Passi da una posizione di vittima delle circostanze a una di protagonista delle tue giornate. Non sei più costretto, stai scegliendo. Esercitare la propria volontà, anche nelle piccole cose, è l’antidoto più potente al senso di impotenza che l’ansia adora.
La Sostituzione: “A volte” / “In questa occasione”
La realtà è molto più gentile degli estremi.
- “A volte faccio degli errori, e va bene così.”
- “In questa occasione, non sono riuscito a rispettare la scadenza.”
- “Spesso mi capita di sentirmi così, ma non sempre.”
Usare un linguaggio più preciso e realistico smonta il dramma. Riconosce l’imperfezione come parte della vita e non come una condanna definitiva. Ci permette di vedere un singolo errore per quello che è – un evento isolato, non la prova inconfutabile del nostro fallimento come esseri umani. Questa gentilezza linguistica genera auto-compassione, uno dei balsami più efficaci contro l’ansia da prestazione.
3. La Spirale di “E se…?”
- “E se faccio una figuraccia?”
- “E se il capo odia il mio lavoro?”
- “E se l’aereo cade?”
“E se…?” è l’inizio di quasi ogni pensiero ansioso. È un biglietto di sola andata per un futuro catastrofico che esiste solo nella nostra immaginazione. La nostra mente, nel tentativo di proteggerci, costruisce gli scenari peggiori possibili, ma il nostro corpo li vive come se fossero reali, attivando la risposta di stress e ansia. Rimaniamo paralizzati dall’angoscia per eventi che non sono accaduti e che, il 99% delle volte, non accadranno mai.

La Sostituzione: “Cosa posso fare ora?” / “Affronterò la situazione”
Questo cambio sposta la tua energia dal vortice dell’immaginazione all’azione del presente.
- Invece di “E se faccio una figuraccia?”, prova con “Cosa posso fare ora per prepararmi al meglio?”.
- Invece di “E se il capo odia il mio lavoro?”, prova con “Ho fatto del mio meglio. Affronterò il suo feedback quando arriverà”.
Questa sostituzione ti riporta con i piedi per terra. Ti costringe a concentrarti su ciò che è sotto il tuo controllo adesso, invece di farti ossessionare da ciò che non lo è. L’ansia si nutre di incertezza e impotenza; l’azione e la presenza mentale le tolgono ossigeno.
La Tua Sfida
Non ti chiedo di credermi sulla parola. Ti chiedo di provare.
Per una settimana, diventa un osservatore curioso del tuo dialogo interiore. Tieni un piccolo taccuino o usa le note del telefono. Ogni volta che ti sorprendi a usare “devo”, “sempre/mai” o “e se…?”, annotalo. E poi, con gentilezza, prova a riformulare la frase.
Non si tratta di positività tossica o di negare le difficoltà. Si tratta di usare il linguaggio come uno strumento per riprendere il controllo della nostra narrazione interna. Le parole costruiscono mondi. Iniziamo a costruirne uno un po’ più gentile e un po’ meno ansioso, una frase alla volta.
Cosa ne pensi? C’è qualche parola che ti accorgi di usare spesso e che alimenta la tua ansia? Condividi la tua esperienza nei commenti qui sotto.



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